The gift (2015)

The gift (4)Simon (Jason Bateman) si è appena trasferito con la moglie Robyn (Rebecca Hall) a Los Angeles, dove incontra casualmente un ex compagno di scuola, Gordon “Gordo” Mosley (Joel Edgerton). Il giorno seguente, la coppia troverà sulla soglia di casa una bottiglia di vino accompagnata da un biglietto. Sarà il primo di una lunga serie di regali e non ci vorrà molto perché Gordo diventi una presenza assidua, ma intanto in Simon emerge diffidenza e un sottile disprezzo.

The gift (1)

The gift non è un remake e non ha nulla a che fare con l’omonimo film di Sam Raimi. Originariamente, non doveva chiamarsi così: Joel Edgerton, che firma sceneggiatura e regia, voleva chiamarlo Weirdo. Sarà il produttore Jason Blum (della famigerata Blumhouse) a valutare il cambiamento del titolo. Noi faremo ancora meglio, perché lo distribuiremo (uscita l’11 febbraio 2016) come Regali da uno sconosciuto, una cosa che non è in grado di ambire nemmeno alla bruttezza.

Continua a leggere “The gift (2015)”

Black Mass (2015)

Black Mass film posterHo visto Black Mass per pura curiosità. Non avevo idea di chi fosse James “Whitey” Bulger e a dirla tutta mi sfuggiva anche l’identità della figura che dominava la locandina. Come avrebbe recitato Johnny Depp in quelle condizioni, letteralmente sfigurato dal trucco? È stata fatta parecchia ironia sull’argomento (per non parlare della forma smagliante sfoggiata a Venezia), per cui una volta seduta in sala non ho potuto fare a meno di pensare che sì, probabilmente sarebbe stata una delusione. Tutto quell’interminabile ciarlare su ogni singolo aspetto di Black Mass tranne che del film, poteva essere la classica (utile) pubblicità negativa montata ad arte per stimolare la curiosità dello spettatore indeciso.

È stata una delusione? Non direi.

Johnny depp whitey bulger

Continua a leggere “Black Mass (2015)”

What we do in the shadows

What we do in the shadows (2014)

What we do in the shadows posterWhat we do in the shadows posterNon so quante volte abbia visto questo film. Capisco che non ve ne possa fregare di meno e non avreste nemmeno torto, ma non importa. Fatto sta che questo film neozelandese mi ha piuttosto colpito. Temo il giorno in cui sarà distribuito in Italia. Non impazzisco all’idea di sentirlo doppiato; insomma, faranno sicuramente un ottimo lavoro, ma un film come questo (parere mio) preferirei vederlo in lingua originale, per i toni usati, i giochi di parole potenzialmente intraducibili, l’accento usato da ciascun personaggio. Tralasciamo gli infiniti modi con cui potranno storpiare il titolo… Cerchiamo di non pensare all’eventualità che un What we do in the shadows sia pubblicizzato per quello che non è. Non fa paura, al massimo rischia di far ridere: nell’emisfero boreale è già un piccolo cult. È una commedia e può far ridere, ma non è per tutti e la sua comicità potrebbe risultare troppo “delicata” per chi è abituato a tutt’altro genere di film. Non è sguaiato, ma nemmeno troppo politicamente corretto. Non cerca la risata facile. Se vi piacciono i Monty Python, facilmente vi piacerà anche questo film. È un falso reportage, basato sulla non-vita quotidiana di un gruppo di vampiri di Wellington, riuniti sotto lo stesso tetto dopo secoli di fuga/viaggi. What we do in the shadows, soprattutto, non cerca di sfruttare la popolarità del recente intrattenimento a ispirazione vampiresca, anzi, la teme. Non è una parodia di altri film e per essere riconoscibile a un ampio pubblico non prende di mira i vari Twilight, True Blood…  Difatti, per i co-registi Taika Waititi e Jemaine Clement, tutto l’hype che ha accompagnato questa nuova generazione di vampiri potrebbe essere un deterrente, come lasciano intendere in questa intervista.

Taika-Waititi-and-Jemaine-Clement
Da sinistra, Taika Waititi (Boy) e Jemaine Clement (Flight of Concords).

T. Waititi “A entrambi piacevano i vampiri e i film sui vampiri, e nel 2005 nessuno stava girando film sui vampiri. Underworld era appena uscito, era il momento perfetto per colpire… e da allora ci sono voluti sette anni.”

J. Clement “Underworld 2: Evolution. Quello era ciò di cui ci preoccupavamo di più, che la gente fosse stufa dei vampiri”

Un’altra cosa che questo film non è? Un film con una storia particolarmente complessa. Sebbene abbia vinto il premio per la miglior sceneggiatura al Torino film festival del 2014, mantiene una forte componente di improvvisazione. Il materiale girato è piuttosto ampio: 125 ore in tutto. Qui ci sono un paio di scene tagliate, ma su youtube ne troverete molte di più. Spesso lo stesso Waititi scherza sulla possibilità, in futuro, di far uscire un cofanetto con un numero imprecisato di dvd per raccogliere anche una selezione del materiale scartato. Anche la colonna sonora merita uno sguardo.

what-we-do-in-the-shadows-4

Continua a leggere “What we do in the shadows (2014)”

It follows (2014)

LocandinaNon posso dire che questo film sia stata una sorpresa. Sono venuta a conoscenza della sua esistenza da varie recensioni, tutte positive; questo It follows sembrava essere il nuovo fenomeno del momento. Non mi ha mai persuaso del tutto, in special modo per via della trama, che sinceramente non mi diceva molto: una tizia viene obliterata dal suo ragazzo del momento e finisce per beccarsi una malattia ven una presenza oscura che la perseguita senza alcun ritegno. Che roba sarà mai? Eppure, It follows funziona, è un horror per cui vale la pena spendere un po’ di tempo, soprattutto in un genere vessato da vaccate inumane (Poltergeist, Annabelle, Insidious 3 per fare qualche nome). Funziona, e te ne accorgi dalla primissima sequenza. Nel mio caso, ha reso possibile un piccolo miracolo: è piacevole da vedersi al punto da annientare la possibilità di farsi troppe domande su cosa significhi cosa. Non mi sono mai fermata “a pensare”, me ne sono stata tranquilla a sedere sul letto, a guardare un film. Non mi sono chiesta quale fosse il messaggio di fondo, anche se, a ben vedere, qualcosa c’è. È un film sui giovani e sugli adulti, sull’essere isolati e dover sopravvivere a qualcosa che forse è più grande di noi, sia esso un mostro o chissà cosa, qualcosa che ci segue e con cui volenti o nolenti dovremo fare i conti.

Uscirà in Italia il 6 luglio 2016 (e se tutto va bene senza nessun cambio di titolo del cavolo)

Continua a leggere “It follows (2014)”

Sils Maria

Sils Maria (2014)

Locandina Clouds of Sils Maria“Bellissimo e inutile, come tutte le cose belle“. Non sono parole mie, ma di qualcuno che su questo film ha visto giusto. Sul bellissimo, non posso che essere d’accordo; ho rivisto e rivedrei Sils Maria svariate volte, sicura di notare sempre il proverbiale “qualcosa di nuovo”. È talmente stratificato che so già in partenza che qui non affronterò tutti gli argomenti che vorrei… e nonostante tutto rimane un film che non stanca lo spettatore. Sull’inutile, anche su questo sono d’accordo. Sils Maria è inutile quanto possa esserlo un lusso: bello da vedersi e piacevole per fermarsi a pensare. Non è “innovativo” e nemmeno vuole esserlo; racconta una storia che si ripete generazione dopo generazione, sul rapporto fra dominante e dominato, sull’erosione operata dal tempo e sulla necessità della fine per dare luogo a un nuovo inizio. Se ne può fare a meno, ma è un lusso che sarebbe un peccato non concedersi.

Mi prenderò la mare di nubilibertà di parlare più che bene di questa pellicola, anche perché riesce a rivisitare piacevolmente il Bergfilm, citato esplicitamente attraverso un lavoro del 1924 di Arnold Fanck, Das Wolkenphanomen von Maloja. Non si tratta solo di privilegiare le ambientazioni montane, ma di esaltare il confronto del personaggio con il contesto in cui si trova, non ultima una natura che non perdona niente e che obbliga il singolo a riconoscere la propria pochezza in confronto al tutto. Nel caso di questo film, questi aspetti risultano più sfumati e l’eroismo non si traduce nella scalata sul ghiaccio, ma nell’affacciarsi in un abisso interiore. Lo spirito di confronto, la consapevolezza che le convinzioni personali possono crollare, il passaggio attraverso una prova per uscirne rafforzati, questo c’è tutto. Anche in Sils Maria i veri protagonisti non sono i personaggi che si muovono sulla scena, ma qualcosa di più grande che, quello che sulla scena li fa muovere: il tempo, la natura, l’immutabile legge naturale che vuole che tutto subisca un eterno mutamento. Le nubi che scorrono come un fiume, il serpente di Maloja che si snoda attraverso la vallata ne è solo una rappresentazione. Continua a leggere “Sils Maria (2014)”

L'uomo senza sonno Ivan Trevor

The machinist (2004)

L'uomo senza sonno locandinaL'uomo senza sonno locandinaTrovo difficile descrivere questo The Machinist (2004) con una manciata di parole. Intanto,  è un buon connubio fra intrattenimento e pensiero più complesso, con passaggi dal sogno alla realtà e viceversa, sempre sul crinale fra realtà e allucinazione. Tutto questo, senza risultare frustrante: alla fine della visione le domande avranno tutte una risposta. Nessun finale aperto. E poi, Christian Bale offre una grande interpretazione e da sola è un buon motivo per vedere questo film.

The machinist è la storia di un operaio, Trevor Reznik (Christian Bale), che passa i suoi giorni limitandosi a esistere. Lavora, torna a casa e vi rimane solo, giorno dopo giorno; frequenta pochissime persone oltre i suoi colleghi (di cui rifiuta puntualmente gli inviti a uscire dopo il lavoro), la cameriera del caffè dell’aeroporto (Aitana Sánchez-Gijón) e una prostituta (Jennifer Jason Leigh) per cui nutre dei sentimenti. Trevor Reznik è un uomo malato: soffre di insonnia da un anno e il suo fisico sempre più esile sta andando verso il collasso. I segni del cedimento sono visibili, a partire dalle tante ossessioni quotidiane. È evidente che le cose non possano continuare così e infatti il meccanismo si inceppa: uno sconosciuto entra nella vita dell’uomo e la sconvolgerà irrimediabilmente.

Continua a leggere “The machinist (2004)”

big eyes tim burton

Big eyes (2014)

Big eyes locandina quadri concentriciOgni volta che esce un film di Tim Burton, c’è un gran macello per capire se sia riuscito a riprendersi e tornare alla grandezza, dopo anni di dipendenza da Johnny Depp. Puntualmente non ci riesce e, fra deliranze e altre amenità, si dice che non ci riesca almeno da Big fish (2003), ma preferirei tirarmi fuori subito da queste beghe. Primo, non me ne può fregare di meno, secondo, non sono un’esperta di Tim Burton e nemmeno una sua fan – per quanto sia innamorata di La sposa cadavere (2005) e Beetlejuice (1988). Ok, ok… anche Sweeney Todd (2008). Insomma, Ed Wood (1994) non l’ho mai visto e Big fish mi è stato consigliato almeno dieci anni fa, ma mi sono decisa solo recentemente a dargli una possibilità. Non solo, all’inizio ho anche odiato a morte il personaggio di Ed Bloom – le sparava troppo grosse. Prima che mi diate dell’insensibile, vi dico subito che il parere è cambiato molto rapidamente e mi sono distrutta di lacrime nel finale, ma questo non vorrei farlo sapere troppo in giro.

Quando poi ho visto il trailer di Big eyes (2014), però, mi sono detta che avrei dovuto vederlo. Mi ha attirato fin da subito. Perché non vederlo? Mi sono solo dovuta fare una ragione del vuoto lasciato dalla Bohnam-Carter (parere schifosamente personale: non riesco a non voler bene a questa donna) e poi l’ho visto. Insomma, Tim Burton è tornato? Di risposte ne ho lette tante in giro e un po’ tutti hanno avvertito una certa sensazione di “assenza”, come se questo film non l’avesse girato lui. Un assistente, io in collaborazione con i Monty Python ma non Tim Burton. Non sarà utile o necessario ai fini del progresso dell’umanità, ma la penso diversamente. Banalmente, Tim Burton come l’abbiamo conosciuto non tornerà mai più. Per quello che ne so, potrebbe essere un capitolo chiuso e qualcuno rischia di aspettare invano. Farà film bellissimi, anche più belli di Big fish, ma la persona che li ha creati potrebbe non essere più la stessa. Questo Big eyes è diverso da tutto quello che Tim Burton ha girato, mi sembra una specie di elaborazione del lutto, un’inversione di tendenza e un punto di rottura, l’occasione per fare un bilancio e l’ammissione – forse – di non saper/poter essere “Burton” come un tempo.

Continua a leggere “Big eyes (2014)”

Essie Davis The Babadook

The Babadook (2014)

Locandina The BabadookPotrebbe non essere facile per me scrivere di questo film. Perché? Perché mi è piaciuto troppo. Tanto lo so come va a finire: lo guardo una decina di volte, lo seziono, mi impunto a cercare una struttura o i riferimenti ad altri film… Io sono tutta contenta, ma voi vi rompete i maroni. Garantito. Allora, sapete che c’è? Siccome non vi voglio sulla coscienza, questo coso che sto scrivendo sarà diviso in due parti, una per voi e una per me – e per chi avrà il coraggio di andare avanti.

The Babadook (2014) è stato una specie di caso cinematografico, è piaciuto praticamente a tutti; è un ottimo horror che non abusa di luoghi comuni, con un cast che funziona alla perfezione. È stato girato in gran parte ad Adelaide, Australia, per cui scordatevi i cimiteri indiani riconvertiti in terreno edificabile. A quel che ne so, stranamente (?!) non sarà distribuito in Italia e il suo titolo non sarà miseramente storpiato da qualche cialtrone (almeno per ora).

Babadook locandina italiana[Aggiornamento: The Babadook sarà distribuito in Italia col titolo Babadook. Non potevano mica tenere così un titolo, figuriamoci, non sarà molto ma sono stati in grado di cambiare anche questo. Se non altro il cambiamento è minimo e ovviamente inutile, ma non troppo dannoso. È già qualcosa. Giorno d’uscita il 15 luglio 2015]

Trama. Amelia (una favolosa Essie Davis) vive col figlio Samuel (Noah Wiseman), il bambino che tutte le mamme vorrebbero: affettuoso, vivace e in grado di confezionare pezzi da mortaio M224 da 60mm. Non c’è da sorprendersi se ogni mattina Amelia è costretta a perquisire il figlio prima che vada a scuola, onde evitare che si porti dietro catapulte rudimentali, petardi o altre diavolerie. D’altra parte, Samuel non ha avuto un’infanzia semplice: il giorno della sua nascita coincide con quello della morte del padre, vittima di un incidente d’auto mentre portava sua moglie Amelia in ospedale. La vita scorre più o meno normalmente, finché una sera Samuel si fa leggere una fiaba, “Mister Babadook”: da quel momento madre e figlio non avranno pace, perseguitati da un’entità malvagia che sembra aver infestato la casa.

The Babadook guardare sotto il letto fa sempre maleL’intera vicenda ruota intorno ai personaggi di madre e figlio, andando progressivamente a convergere su una coppia interpretata in modo convincente dalla Davis e da Wiseman. Il risultato è una pellicola classica con qualche spunto inaspettato, coerente e con attenzione al dettaglio, semplice ma profonda. Nessun orpello. Il bello è che se volete divertirvi con un film, sarete accontentati: questo è un horror come non se ne vedono da anni. Se invece cercate qualcosa di più elaborato, The Babadook potrebbe ugualmente sorprendervi. Dipende tutto da voi e da cosa cercate.

Continua a leggere “The Babadook (2014)”

Tognazzi Nicolodi La proprietà non è più un furto

La proprietà non è più un furto (1973)

La proprietà non è più un furto locandina franceseUn film maledetto, “disastroso” (F. Savio), La proprietà non è più un furto. Guadagnò bene, almeno quanto La classe operaia va in paradiso (1971): circa 1.400.000.000 di lire. Relativamente apprezzato dal pubblico, stroncato dalla critica. Denunciata per contenuti osceni, la pellicola venne sequestrata nell’ottobre del 1973, uscita da pochissimo nelle sale. Per non parlare dei litigi. Sorvoliamo su quello Petri/Volonté, che aprirà definitivamente la strada a Tognazzi per entrare nel cast. Volonté e Petri litigavano spesso, per cui niente di nuovo. Meno conosciuto fu il battibecco Petri/Tognazzi. Secondo un ricordo del figlio Ricky, riportato in “La Supercazzola” (2006), Ugo Tognazzi avrebbe parlato delle idee politiche di Elio Petri in un’intervista:

Ugo Tognazzi Il magnifico cornuto“Mah, sa, a volte uno diventa comunista così, per caso, per le esperienze che ha fatto, magari nell’infanzia. Forse sotto casa di Petri c’era una sezione del Pci, e così lui è diventato comunista. Se sotto casa aveva una sala da biliardo, magari diventava campione di carambola”

Un’ottima intesa sul set, annientata; pare che non si siano più parlati per un anno. D’altra parte Tognazzi era per la produzione un enorme punto di forza, e non solo per la sua professionalità; la Titanus puntò tutto o quasi su di lui, pubblicizzando La proprietà non è più un furto come un film comico. Ecco il terzo litigio della nostra breve storia, quello della casa di produzione con il buon senso. Tognazzi seppe fare bene il suo lavoro. Il personaggio che interpretava gli pareva scritto addosso, anche se era evidente che quella non fosse una commedia all’italiana. Grottesco, questo si. Questo fu La proprietà, secondo Ugo Pirro, così come viene riportato in “L’ultima trovata” (2012, Pendragon; p. 86-7):

La proprietà non è più un furto locandina Italia“Il successo dei nostri film, invece di appagarci, ci rendeva provocatori, incuranti delle nostre contraddizioni. Il titolo che mi venne in mente spiega la nostra eccitazione di quei giorni privi di quiete; proposi, memore di Proudhon, La proprietà non è un furto, Elio vi aggiunse un più e il titolo del nostro progetto divenne La proprietà non è più un furto. […] Era tanta la libertà di cui in quel momento godeva il nostro cinema da sorprendere anche noi stessi. C’era da parte di molti autori il proposito di sfidare la censura, provocarla, ma fare addirittura un film sulla proprietà, quello no, era un gesto eversivo insopportabile, toccava qualcosa di duro che era dentro ognuno di noi, di cui non ci rendevamo conto del tutto”.

Questo potrebbe essere un buon inizio per farvi capire cosa potete aspettarvi. A lui, a Pirro possiamo senz’altro credere.

Continua a leggere “La proprietà non è più un furto (1973)”

Luna

Ginger Snaps back: the beginning

Ginger Snaps Back: the beginningGinger Snaps Back: the beginning (2004) è l’ultimo capitolo della saga che vede protagoniste le sorelle Fitzgerald, Ginger (Katharine Isabelle) e Brigitte (Emily Perkins), iniziata nel  2000 con Ginger Snaps e proseguita nel 2004 con Ginger Snaps 2: Unleashed. Dato che in Italia dobbiamo complicarci la vita, Ginger Snaps Back è diventato per il nostro mercato il primo capitolo della saga, col titolo Licantropia. Gli altri Ginger Snaps sarebbero stati introdotti in un secondo tempo, rispettivamente col titolo di Licantropia Evolution e Licantropia Apocalypse. Tutto ciò avrà mai avuto un’utilità?

Continua a leggere “Ginger Snaps back: the beginning”