Mi aspetta la colazione, al solito tavolo quadrato col piano di abete, quello da cui ho assistito alla fine del mondo, ma chi ci trovo seduto? Non una povera anima rassicurante, ma pur sempre una faccia conosciuta, qualcuno che spesso e volentieri si invita da solo, pretendendo di fumare la pipa e giocare con il mio gatto. Di tempo ne ho poco, Julio lo sa che devo prendere un treno, ma non serve a niente protestare. Indica la libreria con fare perentorio.
“Vorrai mica partire senza un libro?“, dice, prima di addentare l’ultimo wafer rimasto.
Pochi secondi e già tutto giocava a favore di un libretto bianco, della dimensione giusta per entrare nella tasca del montgomery.
“Ti piacerà. Prendilo, è un perfetto libro da treno. E poi… c’è la tua antica nemesi.”
Aveva ragione, si parlava anche di lui. Di chi?
Del casuario, ovvio.

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