Tersite, parte 1: prologo

La lingua geniale
Non solo, quindi, ci avviciniamo da diseredati e disadattati a questa eredità culturale del greco antico. Se anche proviamo a riprenderci una briciola di ciò che la grecità ci ha lasciato in dote, siamo vittima di uno dei sistemi scolastici più retrogradi e ottusi del mondo […]. Il liceo classico, così come è strutturato, sembra non avere altro scopo che mantenere i Greci e il loro greco i più inaccessibili possibile, muti e gloriosi lì nell’Olimpo, avvolti in un timore reverenziale che si trasforma spesso in un terrore divino e in una disperazione molto terrena.” da A. Marcolongo, La lingua geniale; Laterza, 2016. P. XII.

Il greco antico m’ha sempre spaventato a morte; mai avrei pensato, un giorno, di voler leggere l’Iliade. Omero? venerato da molti, ho sempre preferito osservarlo da lontano. Ho deciso di frequentare Lettere (moderne), ma dopo qualche tempo ho iniziato a chiedermi seriamente perché l’avessi fatto. Mi sono raccontata tante di quelle storie. Mi dicevo che mi avrebbe fatto crescere e poi, certo, che lo facevo per me. Ma, esattamente, cos’è che facevo? Preparavo esami: rileggevo appunti e faticavo nel memorizzare nozioni astratte. Faticavo ancora di più a cercare legami con la realtà, afflitta da quello che avrei chiamato “senso di inferiorità da studi umanistici”. Quando dici a qualcuno “frequento Lettere”, scopri che a nessuno interessa realmente il tuo percorso, ma solo la sua conclusione: “ah, bello, poi che farai? Insegnerai?”. Rispondi che no, tu non vuoi insegnare, ma mentre pensi alle concrete possibilità che avrai, non ottieni che un sorriso e uno sguardo di commiserazione. Tutte le storie che mi raccontavo valevano meno di niente.

Mi trovavo sotto il fuoco incrociato di due fronti opposti; da un lato c’era chi spergiurava che ciò che studiavo fosse più che utile, necessario. Abbracciare le proprie radici culturali, di questo si trattava. E poi c’era chi trovava assurdo isolarsi, passando potenzialmente una vita a interessarsi di qualcosa di tanto lontano dalla realtà. Nessuno dei due fronti aveva intenzione di cedere, ognuno forte di solide certezze, mentre io non avevo che domande. Ho concluso che no, in fondo non mi consideravo erede di quel passato, fatto di cose perfette e impalpabili, molte delle quali vagamente contorte. Non percepivo un autentico legame con l’oggetto dei miei studi, una realtà diversa dalla mia, una realtà da cui mi sentivo respinta. E poi c’era lei, l’assistente della professoressa di filologia, coi suoi capelli legati stretti dietro la testa, il passo rapido e l’aria severa. Mi intimoriva, proprio come il greco antico e la filologia. Non so se si facesse domande sul senso delle proprie ricerche, ma avrei voluto chiederglielo. Avrei voluto chiederle come avesse fatto a fare proprio quel passato e a padroneggiarne il linguaggio. Avrei voluto chiederle perché quella materia l’appassionasse, ma non nel momento in cui l’avevo incontrata, bensì anni prima, quando quegli studi li aveva iniziati. Me ne sono stata zitta e ho fatto male. Tutt’ora quella donna è la più vivida immagine della difficoltà che sentivo nei confronti un sistema di conoscenze che avvertivo chiuso, settoriale, criptico come il responso di una Pitonessa. Ho lasciato Lettere dalla disperazione.

John Collier profetessa di DelfiSo di aver fatto bene a cambiare facoltà, perché era evidente che quella non fosse la mia strada, ma ho sbagliato a negarne bellezza e utilità. Se sono arrivata a questa conclusione, lo devo anche a Tersite.

La storia di Tersite è vecchia come il mondo: un uomo alza la voce contro un potente e viene rimesso al proprio posto. Imperfetto, arrabbiato, respinto, sfrontato: era qualcosa in cui mi potevo riconoscere, un legame, finalmente, dove non pensavo più di poterne trovare. Senza pensarci troppo su, gli ho dedicato questo blog; solo dopo ho approfondito il motivo di questa scelta. Raccogliendo informazioni su Tersite, ho dovuto constatare come tutto il materiale tendesse a somigliarsi. Grottesche, rancorose o esagerate che fossero, le singole citazioni sembravano tante risposte piccate a offese personali provenienti dal medesimo, oscuro figuro. Erano talmente tanti (e agguerriti) i detrattori di Tersite, da farmi chiedere più di una volta il motivo di tutta questa rabbia nei confronti di quello che, in fondo, altro non era che un personaggio letterario.

Stefan Zweig
Stefan Zweig, 1912 ca. “Non scelsi Achille quale figura eroica, bensì il meno cospicuo dei suoi avversari, Tersite, l’uomo che soffre invece di quello che con la sua forza e la sua sicurezza fa soffrire gli altri. […] Sin dal mio primo lavoro teatrale, Tersite, mi aveva interessato il problema della superiorità psichica del vinto. Mi piacque sempre additare quella forma di indurimento interiore che la potenza determina in un uomo, l’irrigidimento psichico provocato da ogni vittoria in popoli interi, mettendovi a riscontro la forza sconvolgente e dolorosamente feconda della sconfitta“. Da S. Zweig, Il mondo di ieri; Newton Compton, 2015, p. XX.

Certo, esistevano alcune eccezioni. Concetto Marchesi vede in Tersite il portavoce degli ultimi, mentre Stefan Zweig ne fa la quintessenza del vinto, un disilluso che dice la verità ed è disprezzato dai potenti. Ugo Foscolo scrive di come “i traduttori dell’Iliade abbiano chi frainteso e chi caricato il carattere di Tersite. […] Ulisse suo competitore, più astuto insieme e più forte, lo chiama oratore piacevole e consigliere pericoloso. Lo bastonò per farlo vile alla plebe.” [Prose letterarie di Ugo Foscolo, vol. IV; editore Le Monnier, 1850. P. 54] Una definizione più unica che rara descrive Tersite semplicemente quale “greco“, universalmente conosciuto per “la sua codardia, la sua bruttezza, la sua insolenza e le sue invettive“. Il “nemico dei pastori dei popoli” è “tutt’altro che ingiusto nelle sue rampogne e idiota nel suo modo di esprimerle. Perciò Ulisse, incapace di trovare buone ragioni, lo fa tacere a colpi di scettro, ed i Greci, che trovano piacere a battersi per Elena ed a soffrire dalle balordaggini d’Agamennone, ridono a crepapelle alla vista delle lagrime che Tersite può a stento raffrenare.” [B. Missiaglia, Biografia universale antica e moderna – parte mitologica, 1838. P. 459]

Ne L’Iliade poema della forza Simone Weil fa di Tersite un esempio di uomo sottomesso, che pagherà “care certe parole, d’altronde perfettamente ragionevoli e che somigliano a quelle pronunziate da Achille […]. Nell’Iliade si pronunziano qualche volta parole ragionevoli; quelle di Tersite lo sono al massimo grado, quelle di Achille, irritato, del pari […]. Ma le parole ragionevoli cadono nel vuoto. Se le pronuncia un inferiore, viene punito e tace; se è un capo, non vi conforma i suoi atti. E, al bisogno, c’è sempre un dio a consigliarne la demenza.“. [Simone Weil, L’Iliade poema della forza, contenuto in La Grecia e le intuizioni precristiane; Rusconi, 1974. P. 19 e 27]

E gli altri, come vedono Tersite?

6 pensieri su “Tersite, parte 1: prologo

  1. Tra tutti i personaggi dell’Iliade, sei andata a sceglierti quello più scomodo 😉 L’esatto opposto del kalós kái agathós, cioè dell’eroe bello e valoroso. Lo picchiavano perché era considerato un vigliacco, oltre che arrogante e irriverente. Ho letto però anch’io che incarnava, a suo modo, la protesta contro il potere chiuso ed esclusivo, quello aristocratico, anche se i suoi interventi non venivano presi in considerazione: le accuse e gli insulti che rivolge ad Agamennone – come spiega appunto Simone Weil – sono gli stessi fatti da Achille, ma se quest’ultimo è ascoltato con rispetto, Tersite al contrario, essendo di estrazione sociale più bassa, viene deriso. Quindi si potrebbe considerare come il portavoce della categoria più debole, quella degli esclusi, anche se nello stesso tempo riveste i panni del sovversivo, ossia di colui che con le sue invettive rischia di compromettere l’ordine costituito, e per tale ragione ancora più inviso (e malmenato) dai potenti. A me sta simpatico 🙂 😉

    1. Tutto vero, verissimo. Noi siamo Tersite, in fondo, e se proprio vogliamo cercare l’altra faccia della medaglia, noi siamo Tersite e il soldato che commenta il colpo di scettro inferto da Ulisse. Guardiamoci, siamo tutti o malmenati o personaggi che vanno contro i propri stessi interessi nella speranza di non essere malmenati, adulando chi detiene il potere. Quanto è sincera questa ammirazione? Cosa nasconde? Perché ci facciamo manipolare. La scena di Tersite, pur durando pochissimi versi, è una potente descrizione di quello che siamo. E quanti anni ha? Sono secoli di storia che non ha mai saputo cambiare. Non potevo non innamorarmi di questo personaggio.

  2. Zeus

    Come faccio a giudicare Tersite, quando io sono un Dio? 😀
    Sarei fuori luogo, veramente. Quello che so è che le parole che dice sono giuste, ma non posso certo confermarlo ad alta voce. Se Tersite venisse giudicato buono e da rispettare, non finirebbe la figura di Tersite? 😀 e io, nella mia buffa forma di giustizia, mantengo lo status quo, così posso continuare a leggere su questo blog e, da parte mia, continuerò a vantarmi (in maniera immeritata, come tutti gli dei o chi scrive la storia) sul mio non-modesto blog 😀

    1. Tersite ha una funzione molto precisa (ne scriverò poi), certamente hai ragione, se Agamennone avesse ascoltato i suoi soldati non ci sarebbe bisogno di un Tersite, per cui in questo stato di cose ci vuole questo disgraziato che finisce per prenderle e fare da esempio. Agamennone è un gran farabutto, ora lo sappiamo, ma le descrizioni più grette e scolastiche l’hanno presentato come uomo generoso, che accarezza i cagnolini e intreccia corone di fiori. Non è completamente scontato che si possa affermare che Agamennone sia un tantino “pretenzioso”. Tersite è stato più coraggioso di una lunga sfilza di prestigiosi accademici, ma anche questa è un’altra storia.

      1. Zeus

        Io aspetto la seconda parte allora. Stranamente per riuscire a fare tutti la parte che ci siamo prefissi, dobbiamo avere qualcuno, dall’altra, che ci induca a rimanere nella nostra parte, nel nostro personaggio.
        Guarda la religione imperante (dicasi cattolicesimo): per evitare di far sentire delle complete schifezze le persone, la religione ti dice “sei marcio da quando sei nato” ma non preoccuparti, c’è qualcuno di più brutto e cattivo di te: il Diavolo. Così rimaniamo nella parte e quello lassù è comunque, come corrispettivo, quello buono che ti fa sentire bene.
        Strana la vita.
        Io apprezzo tutti i Tersite perché dicono quello che devono dire quando non sarebbe da parlare. Una caratteristica che è stata dimenticata nel tempo.

A te la parola