Emil Cioran “Un apolide metafisico. Conversazioni” (2004)

ApolideDa che parte iniziare?”. Domanda legittima, ma rischiosa se riferita a Emil Cioran. Se non sai nuotare, entrare in acqua da una morbida spiaggia di sabbia o da una sassosa fa la sua differenza. Leggere Cioran è un pò come scegliere quelle spiagge dai sassi arroventati, dove l’acqua è subito alta: chi scrive non fa sconti, non vuole farti necessariamente capire ciò che va scrivendo. Non gli importa. O nuoti o affoghi. “Un apolide metafisico. Conversazioni” (2004) è un buon compromesso: è un’introduzione, ma senza i difetti di quelle prefazioni che tutto fanno tranne che semplificare.

“Tutto ciò che non è diretto è nullo” – E. Cioran

Perché sceglierlo? Perché è postumo: non è un libro di Cioran, ma le parole sono sue, trattandosi di un’antologia di interviste – questa è quella con Fernando Savater, del 1977. Perché è facile da leggere, ovviamente discorsivo, non troppo impegnativo. E diretto. Un difetto su cui giudicate se si può passar sopra: al ripetersi di certe domande si ripete anche il tenore delle risposte, con sfumature diverse. Perché riunisce molti dei temi affrontati dall’autore lungo l’arco della sua vita, arricchiti di episodi, ricordi e osservazioni personali. Perché è un libro perfetto per un inizio: come imparare a nuotare in una piscina d’acqua salata. Perché è un libro perfetto per capire se valga la pena cercare un vero inizio o lasciare il resto sullo scaffale.

D’altra parte Emil Cioran è una specie di trappola. Un’incognita fatta troppo spesso di sentito dire. La fama che lo precede è terribile: misogino, uomo di destra, provocatorio senza motivazione, distruttivo. Nichilista. A voi capire quanto questo possa disturbare. Alcuni si avvicinano cercando qualcosa che li scuota, magari attratti da questa stessa fama. Facile rimanere delusi. Io sono stata fortunata: l’ho conosciuto per caso, letto senza aspettarmi assolutamente niente.

Queste che seguono sono alcune delle tematiche contenute nel volume; ne ho tralasciate di importantissime, come quella sul suicidio, sul rapporto con la religione e il misticismo, sul legame presto spezzato con una certa destra. Sull’amore. Sulla morte. Ce ne sarebbe da scrivere… Iniziamo da questo, intanto.

1. “Apolide metafisico”

Sono giuridicamente apolide, e ciò corrisponde a qualcosa di profondo, ma non di ideologico, né di politico; è il mio statuto metafisico. Voglio essere senza patria, senza identità. Bevevo molto in gioventù, nei Balcani si beve molto per disperazione. Leggevo il Buddha, quando mi ubriacavo, avevo un’antologia buddhista in tedesco, era il mio libro prediletto, lo leggevo prima di andare a dormire. […] Il mio filosofo era Sestov, un ebreo russo che ebbe una certa influenza in Francia nel dopoguerra. Il suo discepolo, Fondane, un ebreo rumeno, era il mio migliore amico… è morto ad Auschwitz […]. Rimase a casa invece di nascondersi e fu fatto prigioniero, era uno dei tipi più interessanti che conobbi a Parigi. […] Sestov era un Dostoevskij in versione contemporanea, un Dostoevskij filosofo. (149-0)

Emil M. Cioran nasce nel 1911 in Romania, a Răşinari, nei Carpazi, da una famiglia profondamente religiosa; suo padre Emilian è un pope, il sacerdote nella Chiesa ortodossa. Si trasferisce a Parigi per una tesi di laurea che non scriverà mai – al suo posto girerà per la Francia in bicicletta, passando da un ostello all’altro. Deciderà in futuro di adottare il francese quale lingua.

Simone Weil scriveva, nella Lettera a un religioso, che “cambiare religione è una cosa tanto grave e pericolosa quanto cambiare lingua per uno scrittore”. Per me, che ho adottato lo stato di apolide, la lingua è un ormeggio, un fondamento, una certezza. Noi non siamo una nazionalità, siamo una lingua. […] sì, una lingua è una patria e io mi sono snazionalizzato. In un certo senso mi sono liberato, ma questo si rivela egualmente doloroso.

Cioran

2. I libri

Per Cioran i libri sono un modo per risollevarsi dal male di vivere: ognuno di essi è un pezzo della sua vita e non sono opera di comunicazione e nemmeno di testimonianza. Hanno soprattutto un’utilità per chi li ha scritti, di liberazione. Hanno avuto un effetto su molti lettori e alcuni libri sono diventati quasi dei simboli generazionali. Al culmine della disperazione diventerà qualcosa del genere; sarà Cioran stesso ad affermare che se non avesse scritto quel libro, si sarebbe suicidato. Non a caso, definirà i suoi libri dei “suicidi differiti”.

“[…] credo che un libro debba essere davvero una ferita, che debba cambiare in qualche modo la vita del lettore. Il mio intento, quando scrivo un libro, è di svegliare qualcuno, di fustigarlo. Poiché i libri che ho scritto sono nati dai miei malesseri, per non dire dalle mie sofferenze, è proprio per questo che devono trasmettere in qualche maniera al lettore. No, non mi piacciono i libri che si leggono come si legge un giornale: un libro deve sconvolgere tutto, rimettere tutto in discussione. Il motivo? […] io non mi preoccupo molto dell’utilità di quanto scrivo, perché veramente non penso mai al lettore: scrivo per me, per liberarmi delle mie ossessioni, delle mie ossessioni e nient’altro. […] Soltanto dopo, meditando sulla funzione dei miei libri, dico tra me che dovrebbero essere come una ferita. Un libro che lascia il lettore uguale a com’era prima di leggerlo è un libro fallito.”

2. Stile frammentato. Gli aforismi

La scrittura di Cioran è in larghissima parte frammentaria e priva di sistematicità. Questo, in parte per una questione di indole personale, in parte per motivazioni stilistiche.

Gli aforismi si distruggono gli uni con gli altri. Gli aforismi sono generalità istantanee, pensiero discontinuo. Ti viene un pensiero che sembra spiegare tutto, uno di quelli che si usa definire istantanei; un pensiero che non contiene molta verità, ma che contiene un pò di futuro. […] In Russia, nella letteratura russa non ci sono  aforismi, che io sappia. […] L’aforisma è una specialità tutta francese. Ma è un miscuglio di serio e non serio. […] Sono verità falsamente frammentarie. Bisogna prenderle come tali. Ma chiaramente il vantaggio dell’aforisma è che non si ha bisogno di fornire prove. Si tira un aforisma come si tira uno schiaffo. (90-1)

Quanto che si legge nella produzione di Cioran è soprattutto l’esito ultimo di passaggi mentali che ci è impossibile conoscere. La finalità di questi testi non è rendere il lettore partecipe.

Tutto quello che ho scritto mi è stato dettato dai miei stati d’animo, dai miei accessi di tutti i tipi. Io non parto da un’idea, l’idea viene dopo. Le mie sintesi, le mie formule sono frutto delle veglie. (180) […] Scrivere è la grande risorsa quando non si è frequentatori assidui delle farmacie, scrivere significa guarire. […] Esprimersi è salvarsi, anche se scarabocchiamo soltanto sciocchezze, anche se si è privi di talento.

3. “Corroborante

Sommario di decomposizioneIn “Un apolide metafisico” viene usato a proposito degli scritti di Cioran il termine corroborante. Può difatti succedere che la lettura dei libri di Emil Cioran risulti liberatoria, una medicina contro il mal di vivere. In molti hanno ringraziato personalmente l’autore, dicendosi liberati da un peso indefinito. La liberazione che doveva valere per l’autore, ha avuto il medesimo effetto su perfetti sconosciuti. Sconosciuti che si sono sentiti meglio e… cambiati. La terapia è valsa anche per loro. Il medicinale funziona, certo, ma non per tutti. Non creiamo illusioni.

4. “Abominevole Clio”: la Storia

Non sono il solo a detestarla […] tutte le popolazioni dei paesi dell’Est sono contro la storia. […] Quella gente ha per forza un pregiudizio nei confronti della storia. Perché? Perché ne è vittima. Tutti quei paesi dell’Est europeo senza destino in fondo sono stati invasi e asserviti […]. Le dirò di più, la storia è la negazione della morale. Approfondendo la storia, riflettendoci sopra, è letteralmente impossibile non essere pessimisti. Uno storico ottimista è una contraddizione in termini. […] Io ho scoperto la storia come disciplina teorica piuttosto tardi, da giovane ero troppo orgoglioso per leggere gli storici. Leggevo soltanto i filosofi, che in seguito ho abbandonato per mettermi a leggere i poeti. E verso la quarantina ho scoperto la storia, che ignoravo. Ebbene, sono rimasto atterrito. E’ la più grande lezione di cinismo che si possa concepire. […] Da quando ho scoperto la storia ho perso ogni illusione. […] Il fatto è che tutti i valori morali e gli altri di cui si parla non hanno alcuna realtà, alcuna efficacia. (74-5)

Tutta la storia universale è così: ogni civiltà a un dato momento è matura per scomparire. Ci si chiede allora che senso abbia questo sviluppo. Ma non c’è senso: c’è uno sviluppo. (77)

Tutti i sogni, le filosofie, i sistemi o le ideologie si infrangono contro il grottesco dello sviluppo storico: le cose si svolgono senza pietà, in modo irreparabile; il falso, l’arbitrario, il fatale trionfano. (140)

5. Riferimenti culturali

Lady MacbethUno dei meriti di un libro come “Un apolide metafisico”, oltre che degli epistolari e dei Quaderni (1957-1972) trascritti da Simone Boué, è di mostrare riferimenti culturali di altrimenti complessa identificazione. Emil Cioran ama William Shakespeare: si identifica completamente nel personaggio di Macbeth – regicidio a parte. Ama Emily Dickinson. Dostoevskij. “I demoni”. Teresa d’Avila e i mistici. Georg Simmel. Grande la passione per memoriali e confessioni. Elias Canetti. Filosofi. Ama Nietzsche.

7. Emil Cioran e la filosofia

Guardi, io non sono un filosofo. Ho studiato filosofia da giovane, ma ho abbandonato presto ogni proposito di insegnamento. Sono soltanto un Privatdenker – un pensatore privato -, cerco di parlare di ciò che ho vissuto, delle mie esperienze personali, e ho rinunciato alla realizzazione di un’opera. Perché un’opera? Perché la metafisica? Carnap ha detto una cosa profonda: “I metafisici sono musicisti privi del dono musicale”. (118)

Si può dire che la filosofia in fondo sia dissociata; è diventata un’attività a sé. Che cosa significa questo? Che ancora prima di abbordare un problema prende la parola, e con ciò crede di dire qualcosa sulla realtà. Chi “inventa” la parola a volte “svela” la realtà, ma a mio parere questa non è la strada giusta; può essere estremamente pericolosa. Ecco perché credo che in filosofia non sia necessario continuare a creare parole nuove, termini tecnici. Nietzsche non ha creato parole nuove […]. La tecnicizzazione è il più grande pericolo della filosofia universitaria, ed è quello che la allontana dalle cose. (121)

20 pensieri su “Emil Cioran “Un apolide metafisico. Conversazioni” (2004)

  1. Hai fatto un excursus molto interessante su questo autore, e molti degli estratti che hai riportato mi sono piaciuti. Adesso più che mai intendo leggerlo, anche se mi ci vorrà del tempo. Anche perché mi sembrano delle riflessioni, per quanto frammentarie, che necessitano di essere meditate e assimilate un po’ alla volta. Ti ringrazio di cuore per i consigli di lettura e per la passione con cui hai curato questo articolo, che ho veramente gustato con grande piacere. Come sempre sei stata chiara ed esauriente.
    PS – confesso che non so nuotare, neppure in una piscina d’acqua salata, ma sono certa che seguendo le tue indicazioni riuscirò a cavarmela…

    1. Sai Alessandra, io ho imparato a nuotare tardi, avevo il terrore dell’acqua. Quasi una fobia. Ho imparato in una piscina piena d’acqua salata, a qualche centinaio di metri dal mare. Pare che in acqua salata sia decisamente più facile stare a galla e controllare il corpo 🙂 il libro è una cosa del genere. E’ una specie di tavoletta da piscina. Ti rende Cioran più facile. Non mi sarei sentita di consigliarti di iniziare da Sommario e nemmeno da L’inconveniente di essere nati. Sarebbe come tuffarsi e via. Fattibile eh, ma non semplice per tutti. “Un apolide metafisico” lo puoi leggere anche sotto l’ombrellone, se vuoi – per rimanere in tema. Non si sente la fatica di leggerlo, quasi.
      Ps. sono io che ringrazio di cuore te 🙂 La passione che metti tu in quello che scrivi è la stessa che cerco di impiegare io… veramente…

  2. Ho letto già un paio di libri di Cioran, questo però mi manca e devo dire che mi sembra molto interessante, anche per conoscere meglio questo autore veramente particolare. Grazie per lo spunto, vedrò di procurarmelo!

    1. 😀 no non ci sono i mostri di gomma… però te lo consiglio ugualmente 🙂
      Oddio però come mi manca vedere un bel filmaccio… 😦 ho voglia di un gran film trash… e anche se non ci sono mostracci gommosi, sai che volevo rivedermi I guerrieri del Bronx? che film meraviglioso…

      1. Miticoooooooooooo…lo cerco da duecentodieci anni…purtroppo io sn malato di dvd, se non ho la scatolina non lo voglio 😉 , e il filmissimo di castellari in dvd ita proprio non esiste…pero’ prima o poi lo trovero’ bellissimoooooo, lo sai che e’ una trilogia? Gli altri due in italia non sono mai arrivati… Giusto perche’ sono film italiani…bel paese..

        1. Ma cosa! non ci posso credere… che tristezza… E non sapevo che fosse una trilogia, vedi, c’è sempre qualcosa da imparare. Lo vidi per caso su youtube e fu ammore a prima vista, tu mi capisci, è una roba meravigliosa. Il tizio imbarazzantissimo… dal nome profetico a dir poco: Trash! voglio dire… Comunque mi sto informando, questo film è un intero universo, i seguiti sembrano interessantissimi!

          1. ps. fu un errore, dovevamo vedere “I guerrieri della notte”. L’errore fu drammatico: inutile dire che sono stata l’unica felice di aver sbagliato film, perché “I guerrieri del Bronx” è assolutamente un capolavoro :mrgreen:

        1. …a scrivere tutte cose serie mi annoierei… e anche a leggere solo libri o vedere solo film diciamo… normali. Bisogna pur spaziare un pochino 😀 posso scrivere praticamente di tutto e voi potete scrivermi di tutto di quello che pensate – pur nei limiti della decenza. Sarò sempre felice di leggervi 🙂

          (e poi le rane assassine mi tengono in ostaggio… devo parlarne bene)

          1. eheheh, queste benedette rane…
            ecco, il saper spaziare e anche divertirsi con l’uno o l’altro argomento, e anche con l’una o l’altra persona, senza però perdere in profondità. E trattando tutti con la stessa spontanea gentilezza. Sinceramente io ho molto da imparare da te.

            1. …mmh… non mi dire così che mi imbarazzo 😀 comunque grazie. Veramente.
              ps. …e sapessi quanto ho da imparare dagli altri. Il nome e il fondamento di questo blog lo devo a un caro amico, blog di cui pezzi interi li devo a chi mi ha dato questo o l’altro consiglio… Di mio qui non c’è quasi nulla a parte la scrittura 😉 a parte gli scherzi, è bellissimo camminare insieme. Non posso non essere gentile.

  3. Il tuo post è molto bello: una panoramica esaustiva e meditata. Sotto l’oggettività si legge la passione, la compenetrazione con l’autore.
    Però resto scettica verso Cioran, non me ne volere! 😀

    1. Grazie dei complimenti 🙂 e sai cosa? se mi dici che rimani scettica, non solo non te ne voglio, ma sono persino contenta… le tue eventuali riserve in merito a qualsiasi argomento sono per me futuri spunti di riflessione. Questo è il bello di scrivere un blog, avere un confronto, uno scambio. Quando il confronto è civile e motivato, anche quando c’è un certo dibattito, è sempre un bene… A parlare solo con chi la pensa come me… sai che noia 😉

A te la parola