Nave da crociera Magnifica davanti a Messina

Una cosa divertente che non farò mai più / David Foster Wallace

Infinite Jest copertinaHo iniziato ad avvicinarmi a David Foster Wallace nel modo meno traumatico possibile: maturando la decisione di leggere Infinite Jest (1996). Il merito va innanzitutto alla lettura di un articolo di questo blog (in particolare di una frase, “Se mai nella vita siete stati tristi, capirete che cosa vi è successo per davvero. Se non vi è capitato, imparerete a rispettare le ombre.“), secondariamente alla fama del libro, qualcosa al limite del romanzesco. Eterno, noioso, pressoché impossibile da leggere. Il libro capace di cambiarti la vita. Il romanzo distopico (fra le altre cose) da 1281 sopravvalutatissime pagine – di cui 100 di note. I più blandi si limitano a sottolineare un certo autocompiacimento stilistico. Qualcuno un po’ meno blando l’ha definito pura e semplice “spazzatura americana”. Se un libro solo era in grado di suscitare reazioni tanto diverse, cosa avrebbe rappresentato per me? Decisa a darmi una risposta, sarei andata in libreria di lì a poco.

Infinte Jest si fece subito riconoscere. Mai mi era capitato che un commesso volesse esprimersi su un mio acquisto, ma quel libro rese possibile anche questo. Una recensione breve e non troppo richiesta: “Mò proprio quer libbro? so’ cazzi tua fija mia”. Aveva ragione. Sarebbero stati veramente “cazzi mia”, ma non è di questo che vorrei scrivere ora. Dopo qualche giorno di lettura, ho dovuto mettere da parte Infinite Jest e quando l’ho potuto recuperare, ho preferito fermarmi. Volevo ricominciarlo dall’inizio, ma in un secondo momento. Nel frattempo, avrei letto qualcos’altro di Wallace: Una cosa divertente che non farò mai più (Minimum Fax, III edizione, 2012).

Una cosa divertente che non farò mai più
Copertina della prima edizione della raccolta di saggi edita da Little Brown & Co.

Una cosa divertente che non farò mai più (1997). Nel 1995 Harper’s commissiona a David F. Wallace un reportage su una crociera extralusso, la “7 notti ai Caraibi” (o 7NC), a bordo della M/V Zenith. Shipping out – on the (nearly lethal) conforts of a luxury cruise (gennaio 1996), pubblicato un mese prima di Infinite Jest, è a oggi molto probabilmente il suo saggio più conosciuto. Reportage, diario di viaggio e piccolo saggio antropologico: pur essendo un testo articolato e in grado di toccare tematiche come il male di vivere, non cessa mai di essere ironico, profondamente ironico. Andando più a fondo emerge amaro il ritratto di una complessa macchina per l’intrattenimento, una critica talvolta feroce alla logica del turismo di massa, ad abitudini, ossessioni e desideri più o meno indotti. Si fa leggere voracemente e ha il pessimo difetto di finire troppo presto (parere strettamente personale).

Nel 1997 darà il titolo a una raccolta di saggi curata dalla Little Brown & Co., A supposedly fun thing I’ll never do again; nello stesso volume compare David Lynch keeps his head (1996), il resoconto scritto per Premiere circa i giorni passati sul set del film Lost Highway (1997).

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