GdK 8: La banalità di Max Planck

Un bel giorno una bambina decise di scrivere qualcosa; poteva avere sui sette anni, non di più. Contenta del risultato, portò tutta trionfante il foglietto a una certa persona. “Banale“, ecco la risposta. Non “brutto“, non “scritto male“, non “sei sulla strada giusta, ma prova ancora“. “Banale“, solo quello.

Trattandosi di una bambina, è ragionevole pensare che quanto avesse scritto, un po’ banale lo fosse. Mettendomi nelle sue scarpette numero 35, però, penso anche che mettere insieme quelle due frasi per lei avesse significato uno sforzo concreto. Magari, per un istante era stata orgogliosa di quello che aveva scritto, ma la realtà era più complessa; quello che per lei era una conquista, per l’altra persona era meno di niente. Basta cambiare prospettiva per capire quanto sia ambiguo il concetto di banalità, in particolare per come viene comunemente usato.

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